“Alfredo Romeo usato come un Cavallo di Troia: L’arma del 416-bis e il Cardarelli usati strumentalmente per indagare sulla Consip e sulle alte cariche dello Stato”

Di seguito la trascrizione della nota dei difensori del Presidente Alfredo Romeo inviata nei giorni scorsi alla stampa, utile a fare chiarezza sulle recenti vicende riportate dai quotidiani.

Sembra incredibile, ma per l’ennesima volta in meno di dieci anni, il nostro assistito, avvocato Alfredo Romeo, è al centro di un sistema di accuse fondate – ancor più questa volta, come siamo in condizioni di dimostrare con adeguata documentazione “a monte” di ogni procedimento – su un approccio pregiudiziale alla sua persona e alle sue aziende. Persona e aziende che – pur nel mirino da anni (calcoliamo oltre dieci anni di intercettazioni senza soluzione di continuità, anche durante delicate, precedenti, fasi processuali) – hanno sistematicamente dimostrato la loro integrità professionale e gestionale, operando sul mercato con altrettanta continuità e riconosciuta efficienza e trasparenza.

A maggior ragione sentiamo la necessità di sottolineare la suddetta, grave affermazione, perché l’ipotesi avanzata dalla Procura di Napoli ha, questa volta, il palese vulnus intrinseco di una strumentalizzazione di partenza.

L’applicazione dell’ipotesi di reato a norma del 110-416-bis, infatti, nel merito dell’inchiesta sul Cardarelli, non solo si fonda sul presupposto infondato che sia reato mantenere occupati, come previsto dalla legge sul cambio-cantiere, le maestranze del Cardarelli; ma in più non tiene conto di una serie di attività, esposti, denunce e comportamenti aziendali tutti tesi a contrastare – in tempi non sospetti e nei fatti ogni possibile inquinamento di stampo camorristico nei cantieri gestiti dalla Romeo Gestioni. E le carte che mettiamo a disposizione della stampa – e che già sono in possesso di Procura, Prefettura, ANAC e Forze dell’Ordine, lo dimostrano oltre ogni dubbio.

Invece, purtroppo, dobbiamo constatare che la contestazione del concorso esterno in associazione di stampo camorristico (416-bis, appunto) è stata palesemente introdotta forzosamente – e in pieno dibattito costituzionale su questi temi, approfittando della giurisprudenza oscillante fino ad aprile 2016 per poter attivare tutta una serie di accorgimenti investigativi miranti a indagare sulle attività del nostro assistito sul mercato nazionale dei servizi, in particolare quelli appaltati dalla centrale acquisti dello Stato, la Consip.

Grazie all’applicazione del 416bis, infatti, l’Avvocato Romeo è stato usato come un “Cavallo di Troia” per applicare sistemi elettronici di intercettazione come il Trojan a lui e alle persone con cui veniva in contatto; è stato possibile chiedere proroghe di indagine e intercettazioni che assommano a oltre due anni e mezzo di investigazioni a 360 gradi; è stato possibile eseguire sequestri di materiale personale e aziendale anche in ambiti che di sicuro non risulteranno essere connessi con le indagini in corso. Ma soprattutto è stato possibile mettere “cimici” negli uffici della Consip e coinvolgere nell’inchiesta anche alte figure dello Stato in un percorso di indagine che lascia chiaramente capire quale potesse essere l’obiettivo finale di tutta l’inchiesta.

Ne deriva una considerazione tecnica, ma anche – necessariamente – di stampo “politico”: gli accertamenti in Consip sono stati possibili non per il presunto rapporto tra l’avvocato Romeo e il dirigente della Consip Gasparri, ma al contrario, sui presupposti invocati dal presunto concorso esterno e della relativa aggravante ex articolo 7.

Da ciò discende che l’insussistenza delle contestazioni avrebbe dovuto impedire l’uso indiscriminato delle intercettazioni telefoniche e ambientali, non solo nei confronti di Romeo, ma anche dei vertici Consip e delle cariche istituzionali coinvolte con le quali – tra l’altro – l’avvocato Romeo non ha mai avuto contatto.

E’ evidente che l’inconsistenza delle ipotesi accusatorie, sul piano procedurale comporta l’inutilizzabilità di tutte le intercettazioni eseguite come si è detto per oltre due anni e mezzo.

Dunque, affermiamo che si tratta di una accusa del tutto inconsistente, quella rivolta all Avv. Romeo e a un Dirigente della Romeo Gestioni S.p.A. (art. 110-416 bis e art.7 ) sulla vicenda dell’Ospedale Cardarelli (come ben documentato nell’atto di citazione presentato al Tribunale di Napoli dalla stessa Romeo Gestioni S.p.A. per richiedere la risoluzione del contratto di servizi in essere fra la stessa e l’A.O.R.N. Cardarelli), palesemente strumentale a consentire alla Procura di attivare e mantenere un improprio percorso di indagine finalizzato:

  • ad ampliare a dismisura le proprie competenze;
  • a perseguire con ogni mezzo lo sviluppo di un proprio ruolo di indagine;

Tutto ciò:

  1. giustificando in modo improprio ed estensivo l’utilizzo di strumenti di indagine speciali della DIA fra i quali: 

    – intercettazioni telefoniche a macchia d’olio ed a catena per quasi 3 anni, sull’Avv. Romeo e su diversi soggetti plurimi del tutto estranei a quelli oggetto delle indagini dichiarate; 

    – intercettazioni ambientali mediante TROJAN nei confronti di soggetti plurimi, a partire dallo stesso Avv. Romeo; 

  2. configurando inesistenti reati associativi; 
  3. cercando di attrarre impropriamente alla propria competenza “indagini romane” lontane e totalmente estranee dai fatti oggetto di indagine inerenti l’Ospedale Cardarelli.

Come evidente dalla mera lettura dell’atto di citazione richiamato e dei suoi allegati, la Romeo Gestioni è stata infatti la prima a denunciare in ogni modo ogni possibile rischio di “contiguità” camorristica inerente l’appalto di servizi di pulizia dell’ospedale Cardarelli, che la stessa si era regolarmente aggiudicato peraltro con un fortissimo risparmio economico per l’Ente ospedaliero, e senza che alcuna Autorità investita di quanto denunciato (Prefettura, Procura della Repubblica, Questura, Forze di Polizia, Carabinieri, Regione Campania, etc.) abbia mai dato alla stessa Società alcun riscontro in materia.

Una infondatezza della contestazione, formulata dalla Procura napoletana, che risulta ancora più evidente laddove si consideri che:

  1. la Romeo Gestioni S.p.A. ha il suo core business nel rapporto con oltre 200 Amministrazioni pubbliche sul territorio nazionale fra le quali quelle di rilievo maggiormente qualificato e sensibile come la Presidenza della Repubblica, il Senato della Repubblica, la Corte Costituzionale, la Presidenza del Consiglio, i Palazzi di Giustizia di Roma e Napoli, nonché gli uffici della DDA a Roma.
  2. l’Avv. Romeo, intercettato e monitorato a quanto si rileva in continuità da quasi 10 anni, è stato ripetutamente assolto in via definitiva in Cassazione da ogni reato contestatogli;
  3. la Romeo Gestioni S.p.A. è stata per quasi due anni in Amministrazione giudiziaria ed è stata analizzata, controllata e certificata nei propri comportamenti in ogni più piccolo dettaglio. 

Su quest’ultimo punto, però, e in conclusione, ci è d’obbligo offrire uno spunto di riflessione che si commenta da sé: se tre anni circa di indagine (svolta con dispiegamento di mezzi, uomini e risorse ad oggi incommensurabili) hanno portato a tale insussistenza di contenuti e prove per i reati ipotizzati, verrebbe da chiedersi se – al contrario – le stesse conclusioni avanzate dalla Procura non dimostrino nella realtà dei fatti, che i comportamenti e l’agire quotidiano di una Società che opera con un tal numero di Amministrazioni Pubbliche, siano oggettivamente impeccabili e palesemente trasparenti in efficienza e correttezza. Una certificazione indiretta, dunque, di cui si potrà essere grati alla fine di questa vicenda.

Il collegio di difesa dell’avvocato Alfredo Romeo
Avv. Francesco Carotenuto
Avv. Alfredo Sorge
Avv. Gianni Vignola

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