Nuove frontiere della gestione immobili per Alfredo Romeo

Da una recente intervista, alcune dichiarazioni del fondatore del Gruppo Romeo, molto puntuali e approfondite.

Avvocato Alfredo Romeo, come le è venuta l’idea innovativa di gestire i patrimoni immobiliari pubblici?

Era un sogno che avevo da ragazzo e che ha poi trovato una reale consistenza in termini economici nel corso degli anni. Le difficoltà sono state molte. Il problema maggiore è stato far nascere il bisogno più che affermare l’idea. All’epoca io ero il Presidente under 30 della Federazione internazionale delle professioni immobiliari e creai una commissione di studio per capire quale era il patrimonio aggregato che esisteva in Europa. Verificai che i patrimoni immobiliari pubblici in Italia erano una immensa risorsa strategica e così misi in piedi un modello di gestione integrata e mi impegnai nell’impresa di sensibilizzare l’opinione pubblica nonostante qualcuno pensasse fossi matto… Da allora sono passati 25 anni. E oggi è diventato di moda parlare di valorizzazioni e privatizzazione dei patrimoni immobiliari pubblici.

Si dice da tempo che gli immobili pubblici rendono poco o nulla. Il vostro obiettivo era quello di aumentarne la capacità di reddito?

Oggi pochi ricordano la seconda metà degli anni ottanta ed il dibattito forte che, nel nostro settore, li caratterizzava. Il tema centrale non è, ora come allora, di ricavare dalla gestione delle proprietà pubbliche il prezzo massimo possibile bensì quello di garantire le condizioni affinché il patrimonio pubblico svolga al meglio le funzioni per le quali è stato acquisito. Rendimento finanziario o tutela delle famiglie più deboli, uso strumentale o conservazione di un bene di interesse collettivo, sono molte le valenze di un bene immobiliare ed il suo valore non sempre è il prezzo che qualcuno è disposto a pagare per usarlo o per comprarlo. Impedire che la frammentazione dei servizi, la scarsa manutenzione, la distribuzione di compiti e responsabilità tra una miriade di soggetti diversi renda impossibile un uso corretto delle risorse immobiliari pubbliche. Era questa la frontiera nei primi anni novanta su cui Romeo Gestioni si è posizionata per prima e che nel tempo ha spinto sempre più avanti.

Quali sono oggi le nuove frontiere, secondo Alfredo Romeo?

Oggi l’integrazione dei servizi per una corretta gestione degli immobili, ovvero la stabilizzazione nel tempo di capacità di reddito o di funzione sociale, non è di per sé sufficiente. L’orizzonte si è allargato in primo luogo verso la riqualificazione dei portafogli, la vendita di parte di essi, la finanziarizzazione dei processi di scambio. Il primo fronte di ampliamento è verso l’integrazione tra gestione e ridefinizione della composizione di portafoglio. Gli immobili non più strategici vanno dismessi e l’expertise necessaria per farlo con professionalità è una derivata diretta dell’esperienza di gestione.

 Non è un caso se il Gruppo Romeo è l’unica realtà privata coinvolta nelle cartolarizzazioni degli immobili promossa dal Governo Italiano sia come Consulente Immobiliare che come Gestore delle vendite, sia per gli immobili non residenziali che per le abitazioni. Il secondo fronte inizia a svilupparsi verso la fine degli anni novanta quando si è capito che l’attenzione si spostava dalla rendita, finanziaria o sociale chefosse, al miglioramento dei servizi per gli utilizzatori. E’ ciò che il mercato chiama full facility management. Su questo terreno ancora una volta siamo stati i primi.

Infatti è dal 2000 che siamo coinvolti nella gestione integrata del Palazzo delle Finanze, sede storica del ministero dell’economia e delle finanze. Un progetto pilota voluto dal Governo e poi applicato su scala nazionale attraverso le convenzioni Consip. Il terzo e ultimo fronte è ancora allo stato nascente, è ciò che il mercato chiama valorizzazione e che noi interpretiamo come riconoscere al mercato il diritto di ripensare l’uso di buona parte degli immobili pubblici. A Marghera come a Bagnoli, a Bari come in Sardegna, non vale più il Piano Urbanistico.

Lì metto un giardino, lì 1.000 villette a schiera, là dove c’era una fabbrica oggi in disuso un Centro Culturale. E’ un concetto bello sul piano intellettuale ma non funziona per creare valore.Ferma restando l’importanza della tutela degli immobili di pregio il tema del valore degli asset immobiliari pubblici e del modo migliore per estrarlo è appena aperto. Le imprese capaci di garantire il risultato sono poche ma il mercato è maturo.

E’ vero che nel campo del facility management il mercato italiano è ancora arretrato rispetto a quanto avviene nei principali paesi europei? Non rischiamo l’invasione delle imprese straniere?

Io credo di no. Per molti versi il mercato italiano dei servizi immobiliari è più avanti e tanto il sistema della domanda quanto l’offerta presentano ambiti di modernità che non trovano riscontro negli altri Paesi europei. I nostri principali competitor internazionali sono bravissimi a offrire servizi integrati di gestione e manutenzione per immobili o compendi immobiliari ordinati, nei quali gli impianti sono a norma, gli spazi sono chiaramente divisi, le responsabilità dei Committenti puntualmente individuate e codificate.

Ma entrano in crisi in situazioni anche appena confuse, dove oltre alla competenza tecnica specifica contano la capacità propositiva e progettuale, la forza e la tenacia per individuare problemi e ipotizzare e portare a termine soluzioni. Tali situazioni da noi ma anche nel resto d’Europa sono la norma e le imprese italiane di facility management hanno le capacità non solo per difendersi nel mercato nazionale ma anche per conquistare la leadership in campo europeo. L’industria dei servizi immobiliari sta facendo la sua parte, speriamo che il decisore pubblico faccia la sua.

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