La lettera di Alfredo Romeo pubblicata su Il Foglio del 05.02.2016.
Al direttore – Si parla molto di “paese in ripresa”, “crescita della domanda interna”, “incremento del pil di uno zero virgola qualcosa”. Ma non si tocca il nodo centrale: che paese vogliamo essere di qui a 10-15 anni? Quali sono le nostre risorse autentiche? Quali sono i vantaggi e le nostre falle? Dove possiamo investire veramente, e dove invece siamo costretti fatalmente ad arrancare dietro alle economie principali?
Piccola digressione. La popolazione della Terra (circa 7,5 miliardi di individui) forma una piramide della ricchezza in cui circa 5 miliardi di soggetti detengono una ricchezza inferiore ai 10.000 dollari Usa pro capite. Media che tiene conto anche di oltre un miliardo di persone – dati 2015 – che non è uscito dalla soglia della povertà assoluta. Un ulteriore miliardo e mezzo circa di persone si colloca nella fascia di reddito compresa tra i 10.000 e i 100.000 dollari: una ricchezza media modesta, ma che vale complessivamente 40.000 miliardi di dollari.
Un potenziale enorme per nuovi prodotti di consumo e nuova domanda di servizi. In cima alla piramide, infine, scarsi 400 milioni di persone con patrimoni superiori ai 100.000 dollari. In un contesto del genere, l’Italia come produttore è fuori mercato, e senza strumenti per garantire futuro e occupazione soprattutto ai giovani. Però questa stessa Italia, che non ha materie prime, che non ha investito in qualità e tecnologie come la Germania negli ultimi venti anni, e che non si può permettere di portare i propri costi di produzione al di sotto di certi livelli, ha una miniera straordinaria di ricchezza, che nessun altro paese al mondo ha: il territorio nel suo complesso e le sue città, che meglio dovrebbe “mettere sul mercato” mondiale in termini di capacità di attrazione e di servizi.
Una politica di investimenti per la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione moderna e integrata delle risorse delle città porterebbe benefici diretti in termini di lotta all’elusione fiscale; ottimizzazione delle risorse intrinseche al territorio; rilancio delle attività economiche del territorio. Le città intese come “laboratori di civiltà” produrrebbero una forte crescita della domanda interna e accrescerebbero la loro attrattività per gli investitori consolidando il rilancio della vocazione al turismo dell’Italia. A chi – qui – obiettasse che “non si può pensare di avere un paese di soli camerieri”, replico dicendo che il turismo, inteso come “strumento di progettazione del futuro”, attiva ingegneria delle infrastrutture, industria dei trasporti, agricoltura avanzata e produzione alimentare, tecnologia dell’informazione e della comunicazione, e il gigantesco comparto dei Servizi in cui l’Italia può esprimere un know-how di tradizione e di avanguardia allo stesso tempo. La cecità di certa politica nazionale e territoriale e la sciatteria di sindacature nate dalla protesta dei cittadini, ma basate su visioni ideologiche delle cose e non sulla capacità di amministrare nel rispetto del “contratto” che lega un municipio al suo cittadino-elettore-azionista, non guardano a questi processi.
Come imprenditore, presidente dell’associazione internazionale delle aziende che erogano servizi alle comunità (Ifmaltalia) e come promotore dell’Osservatorio risorsa patrimonio-Italia, invito a riflettere e confrontarsi su questi temi e a sperimentare i modelli gestionali innovativi che sono stati implementati Primo fra tutti il “Modello Insula” fondato sul principio che in una micro-comunità si possano ottenere risultati auto-sostenibili in termini economici, che nelle macro-comunità sono invece impensabili; e che rappresenta un metodo applicato secondo regole che accorciano le distanze tra Pa, cittadino ed esecutori del processo gestionale. Un processo “per progetto” e non “per funzioni” che potrebbe rivoluzionare dal di dentro la Pa rendendola finalmente parte attrice e responsabile dei processi che riguardano le comunità che si trova a governare, perché la specifica griglia dei fabbisogni di intervento che si può elaborare per qualunque segmento di territorio, ne può determinare il destino.
Abbiamo dimostrato, con modelli matematici, che elaborando una sorta di “stratigrafia” di un territorio è possibile stabilire il modello ideale per la gestione e messa a reddito di quel territorio, che in cambio ne ricava risposte di efficientamento e di riqualificazione. Come? Con la visione d’insieme del modello appena descritto, che “cuce addosso” a un territorio le risposte a peculiarità e bisogni individuati, con una normativa di tipo contrattualistico che garantisce tutte le parti coinvolte. E le risorse? Le risorse sono nel territorio, sotto forma di tributi dissipati senza progetto e in una scalmanata elusione fiscale, determinata dalla non conoscenza e dalla conseguente “non regolarizzazione” dello stesso flusso tributario. Esempio classico, quello di un’Insula in cui ci sono 80 passi carrai, in cui ne sono censiti e portati a reddito solo 10. A queste risorse si affiancherebbero investimenti privati, se motivati da sensatezza e concretezza dei progetti di riqualificazione e valorizzazione. Concludo con un appello a tutte le parti che di questi problemi dovrebbero farsi carico elaborando una normativa che incentivi per ogni territorio interessato, i principi di massima dell’articolo 24 dello Sblocca Italia, che sollecita questi processi. Questa possibile “rivoluzione” è un investimento sul futuro che merita approfondi-menti e sperimentazioni, perché è l’unico motore per rilanciare in modo strutturale l’economia italiana e dare lavoro e futuro alle giovani generazioni, rendendo allo stesso tempo di nuo-vo bella e attrattiva la nostra terra.
Alfredo Romeo*
*Alfredo Romeo è Presidente di IFMA-Italia e dell’Osservatorio Risorsa Patrimonio-Italia.