Alfredo Romeo replica al comune di Roma

Di seguito, l’intervista ad Alfredo Romeo pubblicata su Il Quotidiano Immobiliare di novembre.

Nelle scorse settimane il sindaco di Roma Virginia Raggi ha spiegato la posizione dell’amministrazione comunale capitolina davanti alla Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi. Secondo le dichiarazioni apparse sulla stampa, il sindaco avrebbe denunciato la situazione disastrosa del patrimonio immobiliare del Comune di Roma, la cui gestione è stata affidata a società esterne. La Romeo Gestioni, essendo stata per un certo arco di tempo incaricata della gestione, ha successivamente diffuso un comunicato stampa: le affermazioni del primo cittadino di Roma, come emerge dalla nota stampa, non sono infatti piaciute ad Alfredo Romeo, presidente del gruppo omonimo e della citata società di servizi, che abbiamo interpellato.

Avvocato Romeo, cosa non le va giù in particolare delle dichiarazioni del sindaco Raggi?
Per un Gruppo come il nostro, che dà lavoro a più di 20mila persone e che collabora con oltre 130 Amministrazioni Pubbliche, le dichiarazioni del sindaco Virginia Raggi erano intollerabili e pericolosamente dannose. Per questo l’abbiamo citata in giudizio con una richiesta milionaria di risarcimento danni. Ma soprattutto per difendere il buon operato della nostra azienda, Romeo Gestioni, un brand, va ricordato, che richiama sempre l’attenzione dei media. Salvo poi essere sommerso di scuse, di complimenti e di apprezzamenti, quando vengono chiariti i fatti.

Cerchiamo di spiegare cosa è successo ai lettori. Per dovere di cronaca, segnaliamo che la Romeo Gestioni ha gestito il patrimonio immobiliare del Comune di Roma e che è fuori da questa attività da circa due anni.
Il sindaco Raggi si è espresso come se noi ci fossimo appropriati indebitamente di dati e strumenti gestionali, prefigurando reati che vanno dall’appropriazione indebita al peculato ai danni della PA . Mentre è vero, invece, che li abbiamo messi a disposizione, come è stato verificato da un organo di governo esecutivo del Comune quale il commissario straordinario Tronca. Inoltre abbiamo a più riprese offerto il nostro contributo operativo, anche di affiancamento a valle della scadenza del contratto, proprio per il senso di responsabilità e di continuità che si deve avere nella gestione della cosa pubblica. Esattamente il contrario di quanto accade oggi non solo a Roma, ma anche in altre grandi e piccole amministrazioni cittadine, come se non si fosse compresa l’importanza strategica e centrale dei patrimoni pubblici. Tutti infatti dicono che sono importanti. Ma nessuno poi li gestisce correttamente, valorizzandoli e tenendoli correttamente a regime operativo.

Sta facendo un’accusa?
Sto dicendo una verità che non riguarda solo la mia azienda, ma il mercato e gli operatori che hanno a cuore la qualità del loro prodotto e cioè i Servizi. E quando si parla di patrimoni comunali, si parla di servizi al cittadino. Di migliaia di cittadini: circa 150mila solo a Roma. Dunque io alzo la voce non solo contro il sindaco Raggi, ma anche contro la politica che non vede, non capisce e che per demagogia danneggia preziosissime e insostituibili macchine amministrative.

In sostanza sta dicendo che senza una buona politica non c’è una buona amministrazione. Sembrerebbe una cosa ovvia?
No, non è ovvio per niente. Lei prenda il concetto di discontinuità oggi tanto sbandierato per mera demagogia e lo applichi a Roma o a Napoli, o dovunque lei desideri. Che cosa vuol dire? E che cosa vuol dire che “vogliamo cambiare sistema gestionale”? Io parto dal presupposto che esternalizzare certi servizi (quelli di property in particolare) garantisce i cittadini e le Amministrazioni, perché obbliga il gestore alla responsabilità di risultato, che nessuna Amministrazione invece sarà mai obbligata a garantire. Detto ciò, la continuità amministrativa è una risorsa, oltre che un obbligo. Perché senza memoria storica non c’è processo che si salvi, né ricchezza che si tuteli e men che meno che si valorizzi. L’evoluzione e il perfezionamento dei sistemi gestionali sono interventi che i professionisti fanno per migliorare le loro performance, ma anche per garantire efficienza e trasparenza. Modello che rappresenta già da solo una ricchezza e un patrimonio, più addirittura del cespite in quanto tale. E i risultati di questa fantasmagorica discontinuità si vedono a Roma come a Napoli, con  un tracollo delle entrate, un disordine funzionale che non ha precedenti, e un depauperamento del valore, in termini di risorsa per i bilanci comunali, che grida vendetta. Come può un sindaco – il sindaco di Roma – addebitare a Romeo Gestioni le falle della mala-gestione del Patrimonio di Roma? Come può ignorare che – a differenza di quanto sostiene – l’inventario esiste? Che i dati informatici da noi consegnati assommano a oltre un miliardo di informazioni? Che quelle che il sindaco definisce carte indecifrabili sono in realtà i titoli di proprietà e di legittimità di ogni azione nel rapporto Comune-inquilino? Come può ignorare che noi abbiamo, oltre due anni fa, consegnato a Roma Capitale l’intero sistema gestionale come ci è stato chiesto e con i verbali di consegna firmati dai dirigenti del Comune? Come può non sapere che nella primavera scorsa abbiamo verificato con il Commissario straordinario Tronca la validità e l’accessibilità dell’intera documentazione? Noi abbiamo in gran conto il ruolo servente sempre svolto per le Amministrazioni. E dunque non abbiamo difficoltà a riconsegnare al sindaco Raggi tutta la documentazione. Fermo restando il fatto che nessuno è oggi in grado di leggere, capire, agire e gestire quei dati. Non perché siano incomprensibili, ma perché è stato dissipato un patrimonio di know-how insostituibile.

Tutta colpa della famosa discontinuità di cui si accennava sopra?
Guardi, a questo punto mi corre l’obbligo di chiarire nettamente la mia posizione sul tema della discontinuità. Il sistema dello spoil-system all’americana funziona, perché i funzionari e i dirigenti che si innescano in quei ruoli fanno affidamento su una rete amministrativa che funziona a prescindere, basata su regole ferree. Al punto che non ci sono problemi di continuità nemmeno quando il presidente gira al suo successore i codici di lancio delle bombe atomiche.
Nel Comune di Roma quella rete è stata smantellata. Quale disegno politico o quale logica porta a individuare nella sola Romeo Gestioni il “demone del caos” del Patrimonio immobiliare di Roma? Noi che siamo gli unici ad aver portato ordine ed efficienza su quel fronte? Sono domande che rivolgo pubblicamente.

Vedremo come risponderà il Comune di Roma, al quale diamo diritto di replica. Ma intanto tutta la questione sta a dimostrare una “frattura”, diffusa in tutto il Paese, tra pubblico e privato. Come si può rimarginare questa ferita che ha come effetto strutturale quello di paralizzare il Paese in un ambito strategico per il futuro?
Il mercato del Real Estate ha il dovere di riorganizzarsi e di ammodernarsi. Ma lo deve fare come sistema e non più solo grazie ad alcuni operatori, tra i quali annovero con orgoglio il mio Gruppo. Il fatto è che io propongo un nuovo modello gestionale integrato, e scattano le resistenze e le meline dei competitor. Offro servizi integrati e lo Stato fa appalti spacchettando Facility e Property, con aggravio di costi, si organizzano tavoli per mettere insieme tutti i possessori pubblici di beni a vario titolo demaniali, ma non si chiamano al tavolo i gestori professionali, perché ancora non si è compreso appieno il senso della parola “valorizzare”. E la finanza immobiliare – e qui tocchiamo una piaga – da quindici anni a questa parte non ha fatto che accaparrarsi patrimoni immobiliari con i Fondi, e a far finta di gestirli con le SGR. In realtà, invece, nessuno di questi “mostri finanziari”, che aggregano circa 40 miliardi di valore, ha valorizzato nulla, in totale disprezzo dei quotisti. In più, brigano per avere le proroghe, altrimenti svenderebbero sotto costo e hanno bloccato il mercato dei Servizi con le SGR, che di fatto non li erogano. E infine si sono arricchiti sulle spalle dei risparmiatori e del Paese, grazie alle commissioni pretese per le loro presunte attività gestionali. Uno scandalo.

Lei che cosa propone, Alfredo Romeo?
Devo tornare al tema della Politica. Una visione seria dei problemi strutturali del Paese porterebbe a valorizzare la risorsa del Territorio, con un grande piano di riqualificazione urbanistica su scala nazionale. Punterebbe allo sviluppo di una seria politica di partnership pubblico/privata con forti obblighi di risultato. Coinvolgerebbe i cittadini nei progetti di riqualificazione, vincolando le Amministrazioni locali a promuovere e rispettare piani concordati. Certificherebbe le gare con nuovi criteri legati alla qualità del servizio complessivo di sviluppo e valorizzazione, nonché sulla base dell’esperienza e dei track record dei competitor, e non solo ai costi economici e ai requisiti tecnici. E incentiverebbe – non più a parole, ma nella sostanza – una radicale semplificazione della burocrazia. Questo è un problema culturale di base, che va affrontato con la scuola, con la formazione. Come presidente di IFMA-Italia, sto lanciando un master (serio, forte, articolato) per Facility manager del Territorio. Serve per formare una nuova classe dirigente che abbia, nella testa e nelle capacità operative, la cultura del governo integrato di questo immenso e meraviglioso patrimonio che è l’Italia. Ma allo stesso modo dovrebbe muoversi lo Stato centrale, fondando una scuola di alta formazione amministrativa sulla falsariga dell’ENA in Francia, anche se con duecento anni di ritardo. E nel frattempo incentivando la partecipazione a master e circuiti di formazione come quello a cui stiamo lavorando noi. Questo per cominciare a smuovere sapienza e coscienza dall’interno della Pubblica Amministrazione che, diversamente, resterà arroccata nella sua funzione interdittiva dei processi avanzati, invece che in quella che le dovrebbe essere propria, di promotrice e coordinatrice dell’evoluzione, dello sviluppo e del progresso di questo Paese.

Guglielmo Pelliccioli

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