Non basta. Negli ultimi 4 mesi i nostri uffici hanno subito un’invasione determinata da quattro decreti di perquisizione, che moltiplicati per il numero degli uffici e delle case private sottoposte a indagine, hanno comportato 21 perquisizioni, nonché nel corso delle indagini, oltre 30 interrogatori. Avremmo voluto filmare l’ultima di queste perquisizioni, quella dello scorso 8 febbraio, che aveva le sembianze di un assedio militare, con oltre quaranta militari impegnati per acquisire documenti e archivi informatici, per interrogare e perquisire il personale intento al suo lavoro quotidiano. Se ricordiamo bene le immagini degli arresti di boss conclamati come Riina e Iovine o Zagaria, lo schieramento di forze era meno evidente.
Forse è stato un modo anche per intimidirci. Forse è legittimo. Però vogliamo pubblicamente dire che tutti noi dipendenti non ci riconosciamo affatto nell’ambiente di lavoro che viene descritto nelle note della Procura, e da quelle della stampa che quelle note riprendono pedissequamente.
Noi siamo tutti – dal primo all’ultimo – straconvinti e certi di lavorare in un contesto assolutamente sano, onesto, integerrimo, rispettabile, pienamente legale, di cui ci sentiamo parte integrante.
Noi siamo persone normali e perbene. Siamo tutti assidui, seri e onesti lavoratori, che si dedicano con impegno appassionato e professionale alle proprie mansioni, applicando le regole e le procedure imposte da severi sistemi di certificazione di qualità a livello europeo, riconosciuti alla nostra Azienda. Il nostro lavoro è quotidianamente improntato ad un codice etico rigoroso, che applichiamo in tutte le nostre attività lavorative, nel rapporto e nel confronto con i Committenti, con i Fornitori, con i Consulenti, che ci stimano personalmente e che ci rispettano come azienda.
Vi sembrerà strano, ma noi la sera torniamo a casa a testa alta. Parliamo con i nostri familiari senza vergogna. Abbiamo rapporti sociali civili e composti. E continuiamo a vivere così, anche se con fatica, dopo tutto il fango che ci viene gettato addosso. Fango che è già di per sé una sentenza. Senza dibattimento. Senza appello.
Per questo, ciò che siamo costretti a leggere ormai da mesi, non solo ci preoccupa e genera un amaro senso di precarietà e incertezza per il futuro. Ma soprattutto ferisce profondamente la nostra dignità di persone e di lavoratori. Il nostro onore, gentili ma indifferenti Signori.
L’onda mediatica generata dalle indagini così clamorosamente condotte, ci trasforma in complici di un’azienda – in cui da anni operiamo e che sentiamo anche nostra – e che sarebbe invece una fucina di reati della peggior specie. Addirittura una associazione per delinquere e addirittura di stampo camorristico. Siamo assolutamente certi della loro estraneità e della assoluta insussistenza di quanto ipotizzato dalla Procura..
No, no e no. NOI non siamo così né questo, per quanto si faccia per indurre la pubblica opinione a credere il contrario. E per questo intendiamo esprimere assoluta, piena e incondizionata solidarietà e vicinanza all’Amministratore Delegato e a tutti i colleghi e dirigenti coinvolti nell’indagine e raggiunti da avvisi di garanzia
Ebbene sì, noi lavoratori dipendenti del Gruppo Romeo, siamo parte orgogliosa di questa famiglia. E allora, se volete, di questa “associazione a delinquere”. Perché ci sentiamo – e siamo – Romeo.