“Vuol sapere qual è la questione che nessuno vuole affrontare seriamente? Che anche la politica deve ricominciare a selezionare una classe dirigente credibile e affidabile. Soprattutto per gestire le città, che sono il centro vitale strategico per salvare il Paese. E per far questo, bisogna lavorare sull’idea che le città sono come aziende, che da una parte riscuotono commesse e denaro dai cittadini, ma che dall’altro devono correttamente e onestamente rispettare questi contratti con i cittadini, dando loro la merce promessa, e cioè i servizi”.
Avvocato Romeo, lei sta volando alto. A Napoli i servizi sono visti come delle grazie ricevute. «E le tasse come semplici multe, una penale pagata in cambio di niente».
Alfredo Romeo, leader del gruppo omonimo, è fresco di dibattito sulla gestione delle città, dopo un seminario nazionale del suo Osservatorio Risorsa Patrimonio-Italia (costituito da Romeo Gestioni, Cresme-Consulting e Nomisma), al quale ha partecipato anche il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone. «È stata una discussione aperta» commenta l’imprenditore dal terrazzo del suo albergo di fronte al porto «che ha evidenziato i ritardi di mentalità della pubblica amministrazione, delle norme, del mercato nel suo complesso che non sa avanzare modelli innovativi. Il nodo di come deve essere interpretata e gestita la città oggi, e quali servizi essa è in grado di offrire, è centrale, perché è lì che si gioca la qualità della vita e il futuro economico delle stesse città e quindi del Paese».
Perché in Italia si fa fatica a passare questi concetti?
«Purtroppo i nostri sindaci, a partire da Luigi de Magistris, non sembrano capirlo. Per questo l’Osservatorio, fondato da Romeo gestioni, ha l’obiettivo di studiare questi problemi e di proporre soluzioni innovative nel senso dell’efficienza, della economicità e della correttezza».
Affrontiamo subito il tema più ruvido. Ma non è che lei ce l’ha con de Magistris perché con lui a Palazzo San Giacomo non le è stato rinnovata la gestione del patrimonio comunale?
«La gestione del patrimonio comunale di Napoli rappresentava appena il 5 per cento del fatturato del Gruppo. De Magistris ha scelto l’internalizzazione della gestione, invece di fare una gara internazionale, puntando su progetti e qualità. È stata una scelta per niente rivoluzionaria, anzi solo populista. Il risultato è che ora il patrimonio è gestito senza un reale know-how e il Comune incassa solo 12 milioni rispetto ai 42 del passato».
Ma tutte le amministrazioni cittadine erogano servizi anche se in modo altalenante.
«Lo fanno poche città, e sempre peggio. Per far ripartire l’Italia occorre invece trasformare le città in laboratori di civiltà. Si faccia una passeggiata immaginaria dalla stazione o dal porto verso il centro o viceversa. Che cosa vorrebbe, banalmente, in cambio delle tasse più alte d’Italia che lei paga? Uscire dalla stazione senza essere aggredito da una torma di tassisti. Poi vorrebbe camminare per strade illuminate, possibilmente senza cadere in una buca o senza rischiare di essere investito sulle strisce. Vorrebbe marciapiedi puliti. Vorrebbe trovare un autobus che la porti in un tempo standard da una parte all’altra, con la possibilità di trovare facilmente il biglietto. Vorrebbe vedere attenzione, cura, amore, efficienza, competenza nella gestione della cosa pubblica. Invece niente: prevalgono approssimazione e precarietà».
Ma lei cosa propone?
«Non voglio trasformate Napoli in Losanna, che è triste e grigia, ma che funziona. Vorrei, però, che si facesse attenzione a come si danno le deleghe di governo della città. Vorrei, come cittadino, poter decidere il profilo della mia dirigenza, come se fossi parte di un consiglio di amministrazione che valuta curricula e capacità del mio amministratore. Lo sottoporrei a un decalogo di regole e domande».
Paolo Treccagnoli
Intervista pubblicata su Il Mattino del 27/12/2015